lunedì 29 settembre 2008

Al Di Vin Calice

L'ambiente ha un arredo essenziale ma non freddo drappi rossi ad incorniciare le finestre, travi in legno a vista, tavolini e seggiole di altrettanto legno massello, un bel quadro sulla parete di fondo attrae la mia attenzione. Ci sediamo. L'apparecchiatura è più che essenziale: una tovaglietta per ciascun commensale, due calici per il vino ed un bicchiere per l'acqua, posate e tovagliolino di carta.



Cominciamo con le bruschette contadine, sono tre disposte in fila su un piatto dalla forma orginale (porcellana francese) una semplice con solo un po' d'olio di oliva (il sale giustamente è stato lasciato a noi decidere), una con lardo di colonnata e l'ultima con pomodorini sott'olio. Sfiziose per cominciare, hanno stuzzicato il nostro appetito e non ne abbiamo lasciato neppure una mollica...

A seguire una zuppa di fagioli con crostini di pane serviti a parte in una ciotolina: abbiamo prontamente versato il contenuto dei cocci della zuppa ed aggiunto un filo d'olio extravergine di oliva a disposizione sulla nostra tavola; forse un po' sapida ma buona e grazie alla temperatura esterna, ormai autunnale, piacevolmente calda. L'antipasto e questo primo sono stati accompagnati da Lagrein 2006 dell'Alto Adige di Castelfeder, un rosso non troppo strutturato che mi è piaciuto.



Il secondo consisteva in uno stinchetto di agnello al forno con insalata mista: tenerissimo, cotto a puntino e saporito, il vino un Montepulciano di Abruzzo 2004 Marina Cvetic di Masciarelli, un po' più strutturato del primo che ben si accostava allo stinchetto.



Per finire un a mousse di mascarpone aromatizzata al marsala con dei pezzetti di sfoglia ed una riduzione di cioccolato come guarnizione sopra.



Il servizio è gentile, solerte e premuroso, c'è stato un continuo “rabbocco “ dei calici e le nostre aspettative non sono state deluse. Una buona vineria in cui si possono trovare anche delle birre artigianali tra le quali quelle del Borgo. Consigliato per una serata tranquilla.
Pagati 30 euro a testa.

“Al Di Vin Calice” Enoteca
sito internet

mercoledì 24 settembre 2008

Angeli e Demoni

Ho faticato a finirlo... Moltissimi lo hanno già letto io ho avuto occasione qualche giorno fa. L'opera prima di Dan Brown che ha avuto successo solo dopo l'uscita del secondo tentativo "il codice da vinci" (almeno da noi), è praticamente lo stesso libro ma ambientato in un luogo differente e con dettagli relativi adattati alla nuova ambientazione. Anche il "colpo di scena" finale è prevedibilissimo. Lo stile narrativo è pessimo, realmente "basic"... Sicuramente un libro da dimenticare, chissà cosa uscirà dalla pellicola in produzione proprio durante questo periodo...

Ristorante "Al Pugnalone" di Acquapendente


NELLE MANI DI FRANCESCO SACCO

Vicino al torrente Paglia sorge un paesino di seimila anime che deve il suo nome proprio alla moltitudine di sorgenti d’acqua naturali che vi confluiscono. Acquapendente si trova ancora nel Lazio, in provincia di Viterbo, più per questioni amministrative che per altro… in realtà qui comincia la toscana infatti rimase sotto il dominio di Siena per molto tempo… Seguendo una di queste cascatelle sotterranee si arriva proprio dentro la sala di un ristorante nel centro del paese, una volta le scuderie di Palazzo Savini. Ampie volte ed altissimi soffitti di tufo fanno da cornice alla sala principale, sulla destra una sala più piccola con un bel tavolo rotondo per quattordici persone ed un soppalco che ospita altri due tavoli più piccoli, l’apparecchiatura è semplice e candida, le sedie sono rivestite dello stesso panno bianco, al centro dei tavoli una rosa ed una candela; nella stessa sala si affaccia una piccola cantina che è solo l’inizio di un lungo tunnel che entra nelle viscere della terra fino ad arrivare sotto la piazza adiacente alle spalle del palazzo.

Tornando indietro e passando in un’altra ala (che ha un ingresso separato) l’ambiente cambia sostanzialmente: una piccola pizzeria con forno a legna per soddisfare anche le richieste di pizza da portare via o da consumare velocemente prima di andare nel cinema antistante. Su uno scaffale c’è una bella collezione di bottiglie e lattine di birre provenienti da tutto il mondo, alle pareti alcune composizioni “secche” che rendono l’ambiente molto familiare e accogliente, ma torniamo alla sala grande che è stata l’ambientazione della nostra degustazione.

Il menu è molto ricco e dettagliato, nella prima pagina troviamo i nomi dei fornitori del ristorante tra i quali spiccano alcune aziende biologiche, la scelta è stata quella di valorizzare ed utilizzare i prodotti tipici della zona rendendo omaggio a formaggi (di fossa) e carni (cinta senese o toscana, coniglio verde, quaglie ecc.) di allevamenti anch’essi con metodi biologici; grazie a queste scelte si riescono a recuperare e mantenere certe tradizioni che andrebbero inevitabilmente perse visti i costi e l’impegno che richiedono sul territorio. In aggiunta a questi troviamo anche un’ampia scelta di piatti a base di pesce, questi dovuti alle origini napoletane dello chef che dapprima non voleva inserirli ma poi non ha resistito al richiamo atavico del mare offrendo questa scelta anche agli amanti del pesce.

Oltre ai piatti che si possono scegliere singolarmente la nostra attenzione viene catturata dai menu degustazione, uno di carne ed uno di pesce, volendo assaggiare tutto il possibile ne abbiamo chiesto uno ciascuno e qui un’altra sorpresa: c’è la possibilità di scegliere i menu “nelle nostre mani”, ovvero una selezione di piatti per la degustazione, preparati espressamente dallo chef secondo il suo estro del momento cercando di dare il meglio di se. Non potevamo che non accettare la sfida e qui si comincia…

Scomposta di pesce e scomposta di carne servite in due bicchierini tanto per cominciare ad aprire lo stomaco, a seguire, sempre serviti dentro dei bicchierini con l’ausilio di cucchiaini lunghi da dolce una lumaca avvolta in crosta di pancetta ed una polpetta di crostacei entrambi su crema di ceci del solco dritto (della zona di Valentano), qui si comincia già a fare interessante ma siamo ancora all’inizio.

Dopo poco arrivano i piatti, tutti con forme molto originali e scenografiche che ben si prestano alla presentazione dello chef che ci ha “coccolati” per tutto il tempo accompagnando con la sua spiegazione ciascuna pietanza che non è mai composta da più di cinque ingredienti; petto di quaglia glassato al balsamico con cipolle di Tropea (delizioso) e sarda caramellata all’arancia con germogli di barbabietola (forse si sentiva troppo l’aceto della sarda comunque buono).


Millefoglie di patata viterbese con lardo di cinta senese (o toscana), miele del Monte Rufeno con tempura di basilico e riduzione di uva nera (eccellente ed equilibrato, nessun sapore prevale sull’altro e vista la semplicità una vera chicca, il lardo poggiato sulle patate non troppo calde in modo da cominciare appena ad ammorbidirsi ma senza perdere consistenza e gusto), Fagottino di salmone biologico delle Shetland farcito con mozzarella di Montefiascone, salsa al lime zenzero e zafferano, (anche questo equilibratissimo ed ottimo l’accostamento con la salsa che oltre a dare colore al piatto ne esalta i sapori).


Creme caramel ci zucca gialla con uovo di quaglia su leggero zabaione di formaggi di grotta aquesiana (molto gustoso e goloso, saporito e leggero), carpaccio di polpo con tagliatelle di tonno del mediterraneo con germogli misti e riduzione di cioccolato (il piatto che mi ha convinto meno anche se ben eseguito, l’accostamento tra le tagliatelle di salmone ed il carpaccio di polpo l’ho trovato un po’ “forzato”, le materie prime in ogni modo freschissime).


Ora il piatto che ho preferito di più: Prosciutto di tonno affumicato con fico mielato e gambero in tempura, salsa all’uovo, salsa al curry, maionese di pomodoro e salsa di liquirizia (eccellente: l’accostamento è ottimo tra il dolce estremo del fico, la sapidità ed il “fumo” del prosciutto di tonno, ho gradito il gambero con le salse descritte, molto buono ed originale), scaloppa di foie gras in crosta di pistacchi di Bronte su tempura di mela verde (molto saporita, buono l’accostamento con la mela).

Finalmente arrivano i primi: paccheri all’uovo con ricotta e mozzarella di bufala su passata di pomodori scatoloni di Bolsena (da farci la scarpetta) e su guazzetto di totani, calamari, vongole veraci e menta (anche qui un gran piatto con un ottimo accostamento, la menta appena accennata si lascia sentire nel retrogusto arricchendo l’insieme).

I secondi: scrigno di chianina con cuore di funghi porcini nostrani su fagioli del purgatorio di Gradoli e salsa al pesto di pomodori essiccati (si scioglie in bocca, ottimo), tagliata di tonno cotta su piastra di sale dell’Himalaya con fagioli del purgatorio di Gradoli e salsa di cioccolato (materie prime eccellenti, ma ho preferito il secondo di carne).

Finalmente i dolci: creme caramel alla vaniglia con pesche caramellate alla cannella e soffiato al mascarpone con spuma al caffè… da leccarsi i baffi!

Insomma bene, bravi, bis! Un’esperienza da ripetere grazie alla gentilezza la simpatia ed il servizio.

Pagato 100 euro in due con una mezza di Verdicchio dei castelli di Jesi, acqua minerale, caffè e dolcetti finali.

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