martedì 24 giugno 2008

Quella volta a Capanelle...


Anni fa mi recai con un pò di amici all’ippodromo di Capannelle per vedere le corse e per fare qualche scommessa.
Il panorama che ci si parò di fronte era composto da varia umanità, coppie con figli, giocatori incalliti, accompagnatrici di bell’aspetto, commendatori col sigaro in bocca e ragazzi spaesati come lo eravamo noi, che accedevamo a quel tempio del galoppo e delle scommesse più per divertimento e per respirare l’aria del film culto “febbre da cavallo” che per una vera e propria passione o conoscenza del mondo delle corse… Dopo aver dato un’occhiata in giro, dai gabbiotti delle scommesse, ai banchetti dei bookmaker con le loro lavagnette sporche dai nomi sbiaditi dei cavalli, al tondino dove fanno mostra di sé le povere bestie, ci munimmo del fatidico giornaletto ufficiale con l’indicazione delle varie corse e dei concorrenti.
Nome del fantino, del cavallo, i pesi e tutte le informazioni necessarie al bravo scommettitore, erano impresse a chiare lettere su quel libretto che da di lì a poco sarebbe finito tra le gradinate, sotto il sedere di una signora col vestito buono oppure sotto le scarpe di qualche “fortunato” che aveva pestato una cacca… (triste destino quello del giornaletto dell’ippodromo) però tutti ce l’hanno, tutti lo scrutano, cercando la risposta a chissà quali universali interrogativi… chi siamo? , dove andiamo?, ma soprattutto su chi scommettiamo?? Ridestati dall’ipnosi di quel luogo, fu questa la domanda che ci salì alle labbra… Fu una folgorazione: “MAZZADORO” vincente e piazzato nella 3° corsa… I nomi dei cavalli sono come quelli di certi piatti francesi, se non li conosci ti devi buttare su quello che ti suona meglio, e a noi mazzadoro dava una certa sicurezza. Partiti. – Che numero è?- , - Il numero 4, eccolo, guarda!!- In quel minuto e mezzo di corsa il cuore galoppa insieme al predestinato, il traguardo si avvicina pericolosamente, perché non è tra i primi, ma ecco che recupera qualcosa… - si dai che ce la fai MAZZADORO!!- è un coro quasi unanime, chissà come, chissà perché, il popolo degli scommettitori della domenica si era affidato plebiscitariamente a quel nome. Alla fine si piazzò, terzo. Dopo una giornata passata tra scommesse, ricevute strappate ed incassi benedetti come vincite alla lotteria ce ne tornammo a casa. Il bilancio era in pareggio… poteva andare peggio, la fortuna dei principianti. Saper distinguere un brocco da un campione non è facile, un po’ come scegliere il ristorante giusto. Ti butti sul nome, sulla zona, sul sentito dire. Al posto di quel giornaletto con i nomi dei cavalli trovi il menu, con delle portate, un prezzo (quando c’è) al posto del peso, la lista dei vini al posto dei nomi dei fantini… Prima corsa: l’antipasto, e qui l’abilità del ristoratore nel trovare il nome più adatto, rasenta la fantasia dell’allevatore nel battezzare il suo cavallo, seconda corsa: il primo… e così via. Alla fine sta al nostro palato decidere se strappare la ricevuta di quella “scommessa” oppure tenerla da parte per rammentare l’indirizzo, il numero, il nome di quel purosangue che ha fatto cantare le nostre papille.
Nella ristorazione è proprio come a Capannelle o a Tor di Valle, ci sono i brocchi e ci sono i campioni, ci sono i ristoratori che come abili fantini sanno tirare fuori il meglio dai loro cavalli e c’è chi si improvvisa oppure trotterella nelle seconde vie tenuto in corsa da quel popolo di scommettitori delle domenica che ogni tanto fa la giocata vincente e più spesso (aimè) deve stracciare la ricevuta…

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